G7, COME LEGGERE IL RISULTATO DEL SUMMIT
Il 50° vertice del Gruppo dei Sette, chiude con segnali deboli e timidi, tra il sostegno all’Ucraina, avanzamenti trattenuti su clima e ambiente e la presa di coscienza del peso dell’AI su sicurezza ed economia.
Il risultato del forum, tenutisi in Puglia, nel resort 5* di Borgo Egnazia, va letto sia nelle righe del Comunicato finale, sia nelle reazioni di commentatori e stampa. Per molti analisti i vertici del G7 rimangono un anacronismo. Nel 1980 i Sette Grandi costituivano il 51% del prodotto interno lordo mondiale mentre i Paesi in via di sviluppo dell'Asia rappresentavano solo l'8,8%. Nel 2024 i Paesi del G7 produrranno appena il 31% del PIL mondiale, mentre gli stessi Paesi asiatici ne produrranno il 32,9%.
Oggi il G20 è il vero incontro tra le principali economie e l’unico in grado di definire strategie unitarie, fondamentale per trovare un terreno comune.
Clima, rallenta l’ambizione
In materia di clima, il documento finale del G7 si allinea, al documento di COP28 approvato lo scorso dicembre a Dubai. “C’è determinazione ad affrontare la triplice crisi globale del cambiamento climatico, dell'inquinamento e della perdita di biodiversità”, si legge, accogliendo con preoccupazione profonda i risultati del primo Global Stocktake, il primo bilancio globale sul raggiungimento degli obiettivi di Parigi.
Si ribadisce l’impegno ad allontanarsi dai “combustibili fossili nei sistemi energetici in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando le azioni in questo decennio critico, per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, in linea con la migliore scienza disponibile”, attraverso nuovi NDCs ambiziosi e “intensi sforzi per ridurre la domanda e l'uso di combustibili fossili”.
Si ribadiscono gli impegni in seno al framework Onu sul cambiamento climatico di “triplicare la capacità rinnovabile globale e raddoppiare l'efficienza energetica entro il 2030”, confermando di voler installare a livello globale 1.500 GW di batterie per lo stoccaggio e decarbonizzare il settore elettrico entro il 2035. Anche “eliminando i sussidi pubblici inefficienti alle fonti fossili entro il 2025”, come più volte annunciato anche dal G20 (la prima volta fu nel 2009 con Obama), ma senza mai vedere conseguenze tangibili.
Stop al carbone (senza Carbon Capture&Storage) entro metà della prossima decade o in un periodo di tempo coerente con il mantenimento di un limite di 1,5°C di aumento della temperatura”.
Se sul gas si è annunciata la riduzione delle emissioni di metano dalle operazioni legate ai combustibili fossili di almeno il 75% a livello globale entro il 2030 (ma escludendo quelle dal settore agroalimentare), non si rinuncia all’uso del metano come fonte di energia. Date le circostanze eccezionali che hanno reso fondamentale affrancarsi dalla dipendenza energetica dalla Russia, l’Italia ha ribadito “l'importante ruolo che può svolgere un aumento delle forniture di GNL”, in larga parte proveniente da Norvegia, Usa e Medio Oriente. La premier Meloni ha affermato che “dobbiamo lavorare con un approccio pragmatico, tenendo sempre presenti le esigenze del nostro sistema produttivo, non possiamo cioè cadere nel paradosso che per favorire l'ambiente finiamo per favorire nazioni che non si fanno tanti problemi a danneggiare l'ambiente”.
Le reazioni su clima e ambiente
Luca Bergamaschi, direttore e cofondatore di ECCO, il think tank italiano per il clima, commenta che “è positivo che i leader del G7 abbiano riaffermato il ruolo guida della COP28 e la necessità di un’uscita graduale dai combustibili fossili, partendo dalla riduzione della loro domanda. Quello che manca sono tempistiche e politiche precise al 2030 e al 2050, per accompagnare l’uscita ordinata dalle fossili”.
“Il gruppo, responsabile di quasi il 30% della produzione di combustibili fossili, ha lasciato la porta aperta a continui investimenti pubblici nel gas", ha dichiarato Nicola Flamigni, del gruppo di pressione GSCC.
Si sente poi la mancanza di decisioni sulla finanza per sviluppo e clima, che sarà il tema centrale della COP29 di Baku a novembre.
Il comunicato finale ribadisce alcuni punti critici: gli oneri crescenti del debito, che “limitano la capacità dei paesi a basso e medio reddito di investire nel loro futuro e di raggiungere gli SDG”; la necessità di strumenti innovativi all’interno delle Banche multilaterali di sviluppo, come il capitale ibrido e le garanzie di portafoglio; e più in generale “l'importanza di continuare a fornire un significativo sostegno agevolato ai paesi a basso reddito”. Ma non ci sono obiettivi finanziari chiari in nessun ambito, né nella cooperazione, né per il rafforzare le banche multilaterali, né una proposta per il nuovo target di finanza climatica al 2030, il noto NCQG.
Africa
Non è stata poca l’attenzione al continente africano. “Con la più ampia regione del Mediterraneo, l'Africa darà forma al futuro del mondo”, recita il comunicato. Anche per sostenere il piano Mattei, è stata lanciata l'iniziativa Energia per la crescita in Africa insieme a sette Paesi africani, con l’obiettivo di “giocare un ruolo centrale nel sostenere le ambizioni e gli sforzi dell'Africa per sviluppare infrastrutture e catene di approvvigionamento di energia pulita adeguate”. Ma, fanno notare i commentatori, non si sono fatti annunci o pledge finanziari di alcun tipo.
Sempre in linea con il Piano Mattei, che si focalizzerà in maniera importante sui food system africani, è stata lanciata l'Iniziativa sui Sistemi Alimentari del G7 Puglia (AFSI), con l'obiettivo di "superare le barriere strutturali alla sicurezza alimentare e alla nutrizione" e per "migliorare lo spazio fiscale per la sicurezza alimentare", anche riducendo i costi di prestito per le nazioni più povere attraverso meccanismi come gli swap sul debito. Questa è la quarta iniziativa sulla food security del G7, finalizzata ad affrontare una delle cause strutturali delle migrazioni dal continente. Ma per la società civile africana è un’iniziativa destinata per l’ennesima volta a rimanere sulla carta per assenza di risorse.
Un G7 Geopolitico
Dal punto di vista geopolitico il successo più importante è l'accordo sul prestito da 50 miliardi di dollari all'Ucraina garantito dagli asset russi, e, a latere ma non meno importante, il patto a due tra Washington e Kiev per l'assistenza e la collaborazione militare e difensiva.
Continua a spaventare il crescente protezionismo, specie nei confronti della Cina, dopo l’annuncio dell’Unione Europea di alzare fino al 38% i dazi sui veicoli elettrici importati dalla Cina. Nel comunicato si legge che, sebbene i paesi G7 non stiano “cercando di danneggiare la Cina o di ostacolare il suo sviluppo economico”, esprimono le proprie “preoccupazioni per il persistente orientamento industriale della Cina e per le sue politiche e pratiche non di mercato che stanno portando a ricadute globali, distorsioni del mercato e dannose sovracapacità in una gamma crescente di settori, minando i nostri lavoratori, le nostre industrie e la nostra resilienza e sicurezza economica”. Ma se il G7 Italiano è stato un incontro in continuità con il passato, Lula, che si prepara a ricevere i Grandi della terra al G20 di novembre a Rio de Janeiro, sta lavorando per realizzare un summit che si prospetta storico per l’’ambiziosa agenda sociale, ambientale ed economica. Riuscirà a confermare il Gruppo dei 20 come il vero forum internazionale del XXI secolo?
Articolo di Emanuele Bompan
*Photo credit: Ludovic MARIN - AFP