Difesa del mare e blue economy possono e devono andare di pari passo. Questo l'obiettivo della Water Defenders Alliance.


I problemi dei nostri mari sono essenzialmente tre:

  • inquinamento da plastica
  • inquinamento da idrocarburi
  • fragilità degli habitat
     

Come affrontarli per garantire la salute nostra e degli ecosistemi, e nel contempo favorire anche l'economia blu, quella cioè legata alle risorse del mare?
La risposta di LifeGate è stata quella di fondare la Water Defenders Alliance, ovvero un'alleanza ampia e solida, composta da imprese, cittadini, porti, istituzioni, enti di ricerca e università con l'obiettivo di implementare soluzioni concrete, misurabili, visibili e science-based che possono salvare le nostre acque, a partire dal Mar Mediterraneo.


La forza dell'esperienza

L'idea dell'alleanza, nata a giugno 2023, partiva già da una base molto ben consolidata. Nei cinque anni che vanno dal giugno 2018 alla partenza della nuova iniziativa, infatti, il progetto LifeGate PlasticLess aveva già consentito all'azienda - e alle imprese e ai porti partner - di fare la differenza per quanto riguarda l'inquinamento da plastiche e microplastiche nelle nostre acque. Nel Mediterraneo, ogni anno, finisce una quantità di plastica pari al peso di oltre 50 Torri Eiffel.

Grazie agli oltre cento dispositivi tecnologici posizionati in 99 porti (tra Italia, Inghilterra, Grecia e Svizzera), è stato possibile raccogliere più di 154 tonnellate di rifiuti galleggianti, pari al peso di oltre 10 milioni di bottigliette da mezzo litro. Tra i dispositivi installati ci sono Seabin e Trash Collec'Thor, "cestini mangiaplastica" con capacità di raccolta diverse, posizionati presso le marine, e i Pixie drone, ovvero dei droni telecomandati che navigando, permettono di raccogliere rifiuti da una distanza di 500 m.


Water Defenders Alliance: è il momento per fare di più

Forte di questa esperienza, LifeGate ha cercato soluzioni tecnologiche e science-based anche per gli altri due grandi problemi dei mari. Gli sversamenti di idrocarburi soffocano letteralmente il Mare Nostrum perché impediscono l'ossigenazione dell'acqua. Secondo l’Ispra, si tratta di 600 mila tonnellate l’anno causate soprattutto da incidenti ambientali ma, a questo numero, si devono aggiungere tutti quelli sversamenti accidentali causati dalle manovre operazionali anche effettuate da piccoli diportisti e pescherecci artigianali. La fragilità degli habitat dipende invece dai cambiamenti climatici, dalla presenza di specie aliene e dalle attività antropiche che danneggiano ecosistemi preziosi, come le praterie di Poseidonia oceanica, vere e proprie "nursery" per moltissime specie autoctone di pesci.

Per entrambi i problemi, l'alleanza dispone soluzioni - come il kit di spugne brevettato da T1 Solutions per la prevenzione, raccolta e stoccaggio degli idrocarburi e progetti di ripristino degli habitat - che si potranno attuare coinvolgendo attivamente tutti gli attori della società civile, dalle istituzioni agli enti di ricerca, dalle imprese ai porti e aree marine protette.

In primis, le aziende hanno un ruolo cruciale per il progetto: protagoniste assolute del tessuto economico e sociale del Paese, attraverso le proprie decisioni possono farsi forza motrice del cambiamento, influenzare in maniera positiva il business e le filiere legate alla blue economy, assumendo un ruolo trasformativo che ha ricadute positive da un lato sulle istituzioni e sugli enti di ricerca, e dall’altro sui comportamenti individuali delle singole persone.


Un articolo di LifeGate