Nel 2026 l’Ue alla prova dell’economia circolare
Il prossimo sarà l’anno del Circular Economy Act, ma non solo. Molte iniziative Ue entrano nella fase attuativa. Obiettivo: raddoppiare l’attuale tasso di circolarità (11,8%) entro il 2030
Se il 2025, soprattutto la seconda parte dell’anno, ha rappresentato una fase decisiva per la politica Ue in tema di economia circolare, il 2026 sarà un anno ancora più cruciale, sia per l’Europa che per l’Italia: tanti progetti e iniziative si concretizzeranno e imprimeranno un’accelerazione alla transizione, sullo sfondo di un contesto globale segnato da instabilità, crescita dei consumi e pressioni geopolitiche.
![]()
A che punto siamo in Europa e in Italia
Una svolta importante e necessaria, perché il divario tra il ritmo di consumo delle risorse e la capacità dei sistemi economici di migliorare la circolarità è elevato. A livello mondiale, secondo il Circularity Gap 2025, il tasso di riutilizzo dei materiali è sceso al 6,9% (era il 9% nel 2018). In Ue è aumentato invece in modo costante, dal 10,7% nel 2010 all’attuale 11,8%, grazie a una strategia industriale orientata alla riduzione della dipendenza dalle importazioni e al consolidamento delle filiere interne del riciclo, ma comunque il progresso resta troppo lento. Secondo gli analisti, poi, bisogna mettere in conto anche possibili rallentamenti futuri, inevitabili in tempi di incertezza geopolitica, quando imprese e cittadini tendono a rinviare investimenti e cambiamenti strutturali.
In questo scenario, l’Italia presenta luci e ombre, come è emerso dalla Relazione sullo stato della green economy, elaborata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile e dal Consiglio nazionale della green economy, presentata a Ecomondo 2025. Il nostro Paese è forte sull’economia circolare, perché sa trasformare i rifiuti in valore, ma deve ancora migliorare per quanto riguarda energia, mobilità e governance climatica.
Ecco quali sono le 7 novità che caratterizzano il 2026 in tema di economia circolare.
1. Circular Economy Act
In Europa gli occhi sono puntati sul Circular Economy Act, la futura legge quadro sull’economia circolare, attesa per la seconda metà del 2026. L’obiettivo è rendere più competitivo e resiliente il mercato, raddoppiando entro il 2030 il tasso di circolarità, riducendo la dipendenza dalle materie prime strategiche e rafforzando le filiere del riciclo, in linea con la direzione tracciata dal Green Deal, e in particolare dal Circular Economy Action Plan del 2020. A questo scopo, dal 1° agosto al 6 novembre 2025 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica, chiedendo a cittadini, imprese e organizzazioni di inviare suggerimenti attraverso la piattaforma “Have Your Say ”. Il Circular Economy Act dovrà introdurre un quadro normativo organico, coerente e competitivo, incentivando investimenti in recupero, riciclo e riuso.
2. Tracciabilità transfrontaliera dei rifiuti
Un importante cambiamento previsto per il 2026 riguarderà la digitalizzazione completa delle procedure transfrontaliere per le spedizioni dei rifiuti. Dal 21 maggio del prossimo anno operatori e autorità competenti dovranno utilizzare un’unica piattaforma elettronica, il Digital Waste Shipment System (Diwass), per inviare documenti e notifiche relativi ai movimenti tra Stati membri, in attuazione del Regolamento sulle spedizioni di rifiuti, entrato in vigore il 3 agosto 2025. In questo modo si renderà più trasparente il mercato delle materie prime seconde, migliorando il controllo dei traffici illeciti, si ridurranno tempi e costi amministrativi per le imprese, si rafforzerà la competitività delle filiere del riciclo.
- Ti potrebbe interessare anche: Energia e RAEE, i data center protagonisti di un’economia circolare
3. Nuovo Regolamento Imballaggi
A partire dalla metà del 2026, esattamente dal 12 agosto, al termine di un periodo di transizione di 18 mesi, verrà applicato il nuovo PPWR (Packaging & Packaging Waste Regulation - Regolamento UE 2025/40), in vigore dall’11 febbraio 2025. Questa normativa stabilisce i requisiti di sostenibilità e di etichettatura per gli imballaggi durante il loro intero ciclo di vita, compresa la produzione, l’uso e la gestione dei rifiuti. Copre tutti gli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, indipendentemente dal materiale o dall’origine (industriale, al dettaglio, domestico, ecc.), integrando la legislazione Ue esistente in materia di gestione dei rifiuti.
4. Direttiva quadro sui rifiuti
A proposito di rifiuti, nel febbraio 2025 Parlamento e Consiglio UE hanno raggiunto un accordo sulla revisione della Direttiva Quadro Rifiuti (2008/98/CE), focalizzata su nuove misure per prevenire e ridurre i rifiuti alimentari e tessili. Per quanto riguarda il cibo, vengono introdotti obiettivi vincolanti di riduzione del food waste, da raggiungere entro il 2030, ovvero un target del -10% degli scarti provenienti dalla trasformazione e fabbricazione e una diminuzione del 30% pro capite per quanto riguarda invece i rifiuti provenienti dal commercio al dettaglio, dai ristoranti, dai servizi di ristorazione e dai nuclei domestici, in riferimento alla quantità media di sprechi alimentari generata in questi settori nel periodo 2021-2023.
5. Obbligo di EPR tessile
Per quanto riguarda i rifiuti tessili, invece, la nuova Direttiva (UE) 2025/1892, che è entrata in vigore il 16 ottobre 2025 e che dovrà essere recepita entro il 17 giugno 2027 dai vari Paesi membri, introduce l’obbligo della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). Una misura strategica, considerato che questo settore genera circa 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti di questo tipo all’anno in Ue, di cui 5,2 milioni rappresentati da abbigliamento e calzature, per un totale di 12 kg a persona, secondo i dati diffusi dal Consiglio dell'Unione Europea.
Le industrie tessili e i marchi di moda saranno così tenuti a pagare una tariffa per contribuire a finanziare la raccolta e il trattamento dei rifiuti, a seconda di quanto la progettazione dei loro prodotti sia circolare e sostenibile. In Italia l’EPR tessile dovrebbe entrare in vigore già nel primo trimestre del 2026, come annunciato di recente da Laura D’Aprile, direttrice del Dipartimento per la transizione ecologica del Ministero dell’ambiente. I sei consorzi di settore, nati in Italia dopo l’introduzione della raccolta differenziata obbligatoria dei tessili nel 2022, hanno accolto con favore questo impegno da parte del governo, ma sottolineano l’urgenza della pubblicazione dello specifico decreto.
6. Right to Repair
E ancora, entro il 31 luglio 2026 i cittadini dell’Ue vedranno concretizzarsi il diritto alla riparazione dei beni di consumo, grazie alla direttiva 2024/1799, meglio nota come “Right to Repair ”, adottata dall’Ue nel giugno 2024. Secondo il Consiglio Ue, lo smaltimento prematuro dei beni riparabili genera ogni anno un’enorme quantità di rifiuti, pari a circa 35 milioni di tonnellate, e un ingente consumo di risorse utilizzate, stimato in 30 milioni di tonnellate, oltre a 261 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra. Come cambiare questa situazione? Da un lato incentivando i fabbricanti a produrre beni che possano durare più a lungo e possano essere riparati, riutilizzati e riciclati, dall’altro sensibilizzando i consumatori a riutilizzare i prodotti il più possibile, individuando riusi creativi e facendoli riparare se difettosi o danneggiati.
- Ti potrebbe interessare anche: Right to Repair, gli altri Stati Ue si preparano: cosa prevede la direttiva
7. Ecodesign
Infine, il Regolamento (UE) 2024/1781 sull’Ecodesign, pubblicato nel giugno 2024, ha stabilito un quadro generale per rendere i prodotti più sostenibili (durabili, riparabili, riciclabili). Due le novità che si concretizzeranno nel 2026, ovvero l’introduzione del passaporto digitale dei prodotti, che la Commissione dovrà attivare entro il 19 luglio 2026, e il divieto di distruzione dei prodotti di consumo invenduti, come abbigliamento e calzature, anch’esso a partire dal 19 luglio 2026.
Articolo scritto da Emanuele Bompan e Maria Carla Rota
Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile
PUBBLICAZIONE
12/12/2025