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29ª Edizione  03-06 Novembre 2026  Quartiere Fieristico di Rimini
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Green jobs, motore di sviluppo per l'Italia

Green jobs, motore di sviluppo per l'Italia

Pirri (IIT): <<La formazione è il vero acceleratore della transizione>>
La transizione, ecologica e digitale, è una leva strategica per la crescita italiana, ma anche il principale motore di trasformazione del mercato del lavoro. Per il quinquennio 2025-2029 si prevede una domanda totale di 4 milioni di lavoratori con competenze green, destinata a coinvolgere ben due terzi del fabbisogno occupazionale del nostro Paese. Lo stima un’analisi del sistema informativo Unioncamere - Excelsior, basata sul Report Previsivo Unioncamere - Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (2025-2029), che è stata presentata a Ecomondo 2025 in occasione del convegno “Green Jobs, capitale del futuro”, organizzato dal progetto “Green Jobs & Skills” di Ecomondo-IEG in collaborazione con Unioncamere e Asvis

 


Competenze necessarie 
Tre sono le aree di competenza più richieste dalle imprese. La più diffusa è una spiccata “attitudine green”, ovvero la sensibilità e capacità di ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza, adottando soluzioni efficaci dal punto di vista del risparmio energetico e dell’impatto ambientale. Non una caratteristica di nicchia, ma un requisito di base, che sarà considerato indispensabile per il 70% delle professioni tecniche e specializzate e per il 64% di operai e impiegati e coinvolgerà circa 2,4 milioni di lavoratori, quasi due terzi del fabbisogno totale.  
In secondo luogo, dalle imprese emerge una forte domanda di profili con competenze tecniche specifiche per la gestione di prodotti e tecnologie green: figure intermedie, circa 1,6 milioni di lavoratori (43% del fabbisogno totale), di cui circa 759 mila unità (20% del totale) che dovranno possedere un livello elevato di queste specializzazioni, soprattutto in settori come efficienza energetica, economia circolare ed energie rinnovabili. 
Dato che la transizione ecologica è inestricabilmente legata a quella digitale, poi, a circa 2,2 milioni di lavoratori (59% del fabbisogno) è richiesto di possedere competenze digitali di base. Cresce anche la domanda di e-skill mix: servono oltre 910 mila professionisti (25% del fabbisogno) in grado integrare almeno due competenze digitali avanzate, come l’uso di Big Data e Intelligenza Artificiale per l’ottimizzazione degli impianti. 


Professioni più richieste 
Entrando nel dettaglio delle figure professionali più richieste, alcune vedranno una domanda particolarmente elevata, spesso in sinergia con le attività del PNRR. Per esempio, operai specializzati nel settore costruzioni (124-148 mila), che saranno impiegati per la riqualificazione energetica degli edifici e la bioedilizia, e specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie (105-114 mila), destinati a occuparsi di finanza verde, gestione della sostenibilità aziendale (ESG) e rendicontazione non finanziaria. E ancora: tecnici in campo ingegneristico (59-72 mila), che si occuperanno di installazione, manutenzione e monitoraggio ambientale, ingegneri (51-59 mila), specializzati in efficienza energetica, economia circolare e progettazione sostenibile, e infine chimici (19,6-17,6 mila), per nuovi ingressi nelle industrie. 

Aziende, sistema formativo, istituzioni  
La principale sfida non è la creazione di nuovi posti di lavoro, ma la carenza quali-quantitativa di risorse umane con le competenze adeguate. Un disallineamento tra domanda e offerta formativa, che rischia di diventare un forte freno alla transizione ecologica dell’Italia.  

Come superare questo ostacolo? A ognuno spetta il proprio ruolo. Le aziende dovranno guardare oltre il solo investimento tecnologico, investendo in modo strategico sul capitale umano, con piani mirati di upskilling e reskilling, ovvero aggiornamento delle competenze e riqualificazione. Al sistema formativo, che comprende scuole, ITS e Università, è richiesta un’accelerazione decisa per integrare stabilmente le tematiche green e digitali nei percorsi di studio, formando una nuova generazione di professionisti ibridi, mentre alle istituzioni spetta il compito di semplificare e potenziare gli strumenti di politica attiva del lavoro, incentivando la formazione continua e specialistica. 
 


In foto: Fabrizio Pirri


Il ruolo dei centri di ricerca 
<<La formazione è un nodo cruciale, e i numeri lo dimostrano. Dobbiamo considerare anche i percorsi post laurea: in Italia l’anno scorso hanno conseguito il titolo di dottore di ricerca in ambito STEM circa 5.800 laureati, lo stesso numero dell’Olanda (che però conta solo 18 milioni di abitanti circa, rispetto ai 59 milioni dell’Italia, ndr)>>, ci spiega Fabrizio Pirri, Direttore del Center for Sustainable Future Technologies (CSFT) dell'Istituto Italiano di Tecnologia e professore presso il Politecnico di Torino, in occasione del convegno “Green Jobs, capitale del futuro”. <<Al termine del percorso, tra l’altro, una buona parte decide di lasciare l’Italia, perché il nostro livello di formazione è molto ambito all’estero. Penso per esempio alla Gran Bretagna, alla Francia, alla Germania e agli Stati Uniti, che hanno un numero di laureati in percentuale superiore all’Italia, ma un tessuto industriale così ampio da spingerli a importare cervelli>>. Quegli stessi cervelli, poi, non fanno rientro nel nostro Paese, se non in minima parte, perché mancano le politiche di sostegno, soprattutto a livello economico: <<Qui si trova anche lavoro, il problema non è la mancanza di posti, ma sono gli stipendi troppo bassi>>. 

È un segnale di quanta strada resti ancora da percorrere, se l’Italia vuole essere uno dei leader nell’innovazione: <<Lo sviluppo di nuove tecnologie, che possano rivoluzionare e trainare la transizione, non può essere affidata solo al mondo delle imprese. Dobbiamo tenere conto del fatto che la grande maggioranza delle aziende italiane sono PMI: usano le tecnologie innovative, ma di fatto non hanno le risorse per svilupparne di nuove al loro interno>>. In quest’ottica è fondamentale il ruolo dei centri di ricerca e delle Università, che investono nella formazione dei giovani, motore propulsivo del cambiamento, supportandoli nella ricerca e nell’avvio di startup.  <<Questo è anche l’obiettivo dell’Istituto Italiano di Tecnologia, un ente complesso, che conta circa 2.000 ricercatori: quasi 1.000 sono dottorandi o post dottorandi, provenienti dalle università con cui collaboriamo>>. In particolare, il Center for Sustainable Future Technologies è un centro di ricerca interdisciplinare impegnato a 360° nella transizione energetica, nell'economia circolare e nella sostenibilità, nato nel 2018 nella cornice dell’Environment Park di Torino, grazie alla sinergia tra la Fondazione IIT e il Politecnico di Torino. 
 


Non solo competenze STEM 
<<La nostra missione è diffondere conoscenza, know how, brevetti, permettendo ai giovani di operare in laboratori ad alta complessità, di pari livello a quelli di Europa, Stati Uniti e Giappone, per sviluppare le tecnologie del futuro, che possano essere sostenibili e connesse in modo imprescindibile con la società che poi le utilizzerà>>. 
Innovazione sì, ma non solo: per ridisegnare l’economia, trasformandola da lineare a circolare, sono necessarie anche competenze in aree non STEM. Servono economisti e giuristi, ma anche filosofi e storici: <<La transizione ha bisogno di cultura, visione, capacità critica.  Abbiamo bisogno di persone che sappiano confrontarsi con quello che siamo stati e con ciò che vogliamo diventare domani>>. 

Articolo scritto de Maria Carla Rota

Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile

 

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