La Apex di Las Vegas è la più grande discarica degli Stati Uniti, circa 900 ettari di terra. Un immenso buco nero di rifiuti che avrà una durata di vita di 250 anni e arriverà a contenere 50 milioni di tonnellate di rifiuti. Non è l’unica.


Ci sono oggi circa 1250 discariche sul territorio americano la gran parte nel Midwest e negli stati meridionali, dove si accoglie circa il 55% per cento delle quasi 300 milioni di tonnellate di rifiuti urbani solidi prodotti dai cittadini statunitensi, quasi una tonnellata pro-capite. Recenti stime hanno osservato come la metà delle emissioni di metano, un potente gas climalterante, vengano dalla frazione organica disposta nelle discariche, che equivalgono alle emissioni di CO2eq di quasi 21 milioni di veicoli. Più delle emissioni fuggitive derivate dall’estrazione con fracking di gas naturale.

Il dramma si consuma sui tassi di riciclo, che sono sostanzialmente invariati, mentre continua ad aumentare la quantità di spazzatura generata, conseguenza di un rinnovato iper-consumismo post pandemia, che ha continuato imperterrito a crescere nel 2023 nonostante l’inflazione e l’aumento del costo del dollaro.

Sono anni che le associazioni ambientaliste denunciano il fallimentare approccio americano al riciclo dei materiali sia urbani che industriali. Gli Stati Uniti sono i paria dell’economia circolare a causa dell’assenza di sistemi collettivi federali. Oggi sussistono oltre 9.000 schemi di raccolta, ma nessun EPR a livello federale e pochissimi a livello statale. L’amministrazione Biden ha dato avvio ai primi sforzi per definire una politica a livello nazionale di economia circolare, ma spesso i problemi sono a livello statale e di contea, dove anche il riciclo è entrato nel pantano ideologico democratici vs repubblicare. E riciclare è una cosa da progressisti abbraccia-alberi.

“L'impegno del Congresso USA a reinventare e reinvestire nel riciclo è incarnato in nuove leggi, nuove iniziative e finanziamenti senza precedenti. Questo supporto guida e modella la visione e il percorso dell’Office of Resource Conservation and Recovery (ORCR, l’ufficio per l’economia circolare dell’Agenzia per l’Ambiente USA, ndr) verso un'economia circolare”, spiega un portavoce dell’EPA in una nota rilasciata all’autore per la rivista Materia Rinnovabile.

Tra le iniziative segnalate dall’EPA vengono elencate la legge Save Our Seas 2.0 del dicembre 2020 per ridurre inquinamento da plastica e offrire sovvenzioni per chi investe in impianti di riciclo, e l'Infrastructure, Investment and Jobs Act, noto anche come Bipartisan Infrastructure Act, approvato nel novembre 2021, che ha erogato finanziamenti importanti per potenziare i lavori dell’ORCR e l’implementazione della National Recycling Strategy del 2021.

Sono passi in avanti rispetto all’amministrazione Trump, ma completamente insufficienti a causa dell’assenza di un framework federale di responsabilità estesa del produttore in vari settori, a cominciare da quello del packaging in una nazione nota per il sovraconsumo di contenitori monouso nel fast-food e in grado di riciclare solo il 5% della plastica prodotta.


Circular Economy Corporativa

Frequentando da anni l’evento Circularity, organizzato ogni anno da GreenBiz, si scopre che se il pubblico va pianissimo, il potenziale della corporate americano, invece, ha un’elevata influenza sul mondo dell’accademia, del design, dell’architettura. Basta fermarsi a bere un caffè durante uno dei tanti coffee break offerti per capire con chi sono le aziende presenti: Target, Dell, Apple, Lockheed Martin, Amazon, Google, Unilever, Walmart, Waste Management, Terracycle, 3M.

In tanti si sono affiliati alla rete della Ellen MacArthur Foundation.

Apple sta adottando soluzioni per ridurre sempre più l’estrazione di minerali e adottare processi sempre più innovativi per la riparazione e la rigenerazione degli apparecchi Apple, anche se non sempre con successo.

Best Buy, colosso del retail dell’elettronica ha un programma interno di raccolta di oltre 5 milioni di apparecchiature elettroniche e di gestione RAEE e la sua rete “Geek Squad” – oltre 20mila esperti – promuove la riparazione per allungare la vita dei prodotti come un modello di business.  “Vogliamo davvero che gli apparecchi elettronici rimangano in uso il più a lungo possibile, e questo è reso possibile grazie alla nostra divisione riparazione”, ricordava Alexis Ludwig-Vogen, direttore di Best Buy per la responsabilità aziendale e la sostenibilità in una delle edizioni passate di Circularity.

Persino il colosso di Mountain View, Google ha in pancia il progetto Circular Google, per eliminare componenti tossiche dai prodotti commercializzati. Ma non solo: i big data sono la chiave per rendere obsoleto il concetto di rifiuto.

"Il rifiuto è un problema di dati. Noi vogliamo che Google diventi circolare in un sistema che deve essere interamente riconfigurato, dove ogni scarto è risorsa e dove con i dati possiamo massimizzare il riuso di risorse finite. L’IA avrà un ruolo fondamentale nella transizione per la CE”, afferma Kate Brandt, responsabile sostenibilità del colosso dell’informatica.


A Las Vegas i grandi nomi dell’hôtellerie, hanno cambiato rotta

“Las Vegas è diventata leader nella gestione del food waste”, spiegava in un’intervista con l’autore, Yalmaz Siddiqui, Vice President, Corporate Sustainability del gruppo MGM Resorts International, nella città del Nevada gestisce circa 40mila camere e 400 ristoranti.

“Ogni rifiuto è upclycled e inviato nella corretta destinazione; abbiamo eliminato le cannucce e molte plastiche monouso, abbiamo ridotto gli sprechi con una gestione ottimizzata dei buffet, riducendo le dimensioni dei piatti e tante altre iniziative”.

A livello aziendale dal 2007 MGM Resorts International ha ridestinato oltre 250.000 tonnellate di rifiuti alimentari a food-bank, alla produzione di biocarburanti, compost e per allevamenti di suini, dove viene utilizzato come mangime per il bestiame.
 

Le iniziative degli stati democratici

Un barlume di speranza per il riciclo però c’è.

“Legislazioni sulla responsabilità estesa del produttore (EPR) stanno spuntando in più Stati americani. C'è molta energia attorno a queste politiche, che richiedono ai produttori di contribuire ai costi associati al riciclaggio degli imballaggi che immettono sul mercato”, commenta Tom Szaki, Ceo di TerraCycle, in un editoriale su GreenBiz.

Nel 2023, sei Stati americani controllati da governatori democratici hanno un sistema EPR attivo o leggi sugli imballaggi simili: California, Colorado, Maine, Oregon, New Jersey e Washington.

Il Maine è stato il primo Stato ad attuare le leggi EPR sugli imballaggi, approvando la normativa per sostenere e migliorare i programmi di riciclaggio municipali e risparmiare denaro dei contribuenti nel luglio 2021.

L'Oregon ha seguito l'esempio nell'agosto 2021, il Colorado e la California nel giugno 2022. La legislazione sugli imballaggi di Washington e New Jersey è attualmente incentrata sul contenuto riciclato post-consumo, ma Washington ha proposto una legislazione che rientra direttamente nell'ambito dell'EPR. Altri EPR di rilievo riguardano le vernici in Illinois, le batterie nello Stato di Washington, i pneumatici in Connecticut e i rifiuti domestici pericolosi nel Vermont.

Attualmente ci sarebbero circa 40 proposte di legge legate agli EPR in vari ambiti in 18 Stati, tra cui Maryland, New Hampshire (che ha creato una commissione a livello statale e sottoporrà una bozza di proposta sugli imballaggi entro il 1° novembre 2023), Hawaii (la cui proposta legislativa Hawaii Zero Waste Initiative è stata fermata al Senato a gennaio 2023).

Nello stato di New York la governatrice Kathy Hochul ha annunciato a inizio anno il suo sostegno agli EPR. Ci sono ben tre disegni di legge che renderebbero i produttori responsabili del finanziamento della gestione degli imballaggi a fine vita. Le proposte vietano ai produttori di addebitare una commissione al punto vendita per recuperare i costi, vietano specifiche sostanze chimiche tossiche, stabiliscono tassi minimi di riciclaggio e livelli minimi di contenuto riciclato e richiedono consigli consultivi per supervisionare le organizzazioni di responsabilità dei produttori.

 

Un articolo di Emanuele Bompan e Valeria Pagani