La corsa alle materie prime critiche (Critical Raw Materials, CRMs) è di certo una delle partite più delicate della geopolitica contemporanea. Litio, rame, nichel, cobalto, terre rare sono elementi invisibili al grande pubblico, ma indispensabili per le tecnologie che accompagnano la transizione ecologica e digitale, senza contare l’ulteriore spinta di armamenti e space economy. Senza queste risorse non ci sarebbero auto elettriche, pannelli solari, turbine eoliche, semiconduttori o batterie di nuova generazione. Proprio per questo, il loro approvvigionamento è oggi al centro di tensioni crescenti tra le grandi potenze.
La fragilità di una catena globale
Per le materie prime critiche vale la regola degli scacchi: chi tiene il centro, cioè chi controlla i principali giacimenti e le fasi di raffinazione, detta le mosse e ha in mano la partita. Come riportato nel Global Critical Minerals Outlook 2025 dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), oggi solo tre Paesi concentrano l’86% della capacità mondiale di raffinazione, e oltre i tre quarti di questa quota è sotto il controllo della Repubblica Popolare Cinese.
La concentrazione non riguarda soltanto la raffinazione, ma anche l’estrazione delle materie prime. L’Indonesia è il principale produttore di nichel, la Repubblica Democratica del Congo domina nel cobalto e l’Australia nel litio; tuttavia, è la Cina a detenere il ruolo decisivo nelle fasi a maggior valore aggiunto: raffina oltre il 90% delle terre rare e il 75% del cobalto, ed è leader mondiale nella produzione di grafite, sia sintetica che naturale. Inoltre, materiali avanzati come gallio, germanio, tantalio e zirconio risultano fondamentali per settori strategici quali intelligenza artificiale, aerospazio, difesa e telecomunicazioni, rendendo la dipendenza da un numero ristretto di fornitori una vulnerabilità critica.
L’aumento della domanda mette ulteriore pressione. Nonostante sul mercato si stiano affermando nuove tecnologie, come le batterie al sodio, nel 2024 il fabbisogno globale di litio è cresciuto del 30%, mentre eventi climatici estremi hanno compromesso il 7% della produzione mondiale di rame che, pur non essendo oggi classificato come critico dall’UE, è considerato strategico per reti elettriche, motori e componentistica elettronica. Le stime IEA indicano un possibile deficit del 30% entro il 2035, dovuto al progressivo calo della qualità dei giacimenti, ai tempi lunghi di autorizzazione e all’inerzia nello sviluppo di nuovi progetti. Le fluttuazioni dei prezzi, più marcate rispetto a petrolio e gas, hanno reso instabile il mercato, scoraggiando nuovi investimenti e rallentando la diversificazione delle forniture.
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La risposta europea
Di fronte a questo scenario, l’Unione Europea ha scelto di correre ai ripari. Con il Critical Raw Materials Act (CRMA), entrato in vigore nel maggio 2024, Bruxelles punta ad aumentare la propria autonomia industriale. L’obiettivo? Entro il 2030 il 10% del fabbisogno dovrà essere coperto da estrazione interna, il 40% da raffinazione e il 25% dal riciclo. A questo proposito, a marzo 2025 la Commissione ha dato il via libera a 47 progetti strategici in 13 Paesi membri. Uno dei più rilevanti è POLVOLT, in Polonia: si tratta di un maxi-impianto per il riciclo delle batterie esauste che permetterà di recuperare litio, nichel, manganese, cobalto e rame, garantendo ogni anno materiali sufficienti per produrre fino a due milioni di veicoli elettrici.
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Il fronte italiano
Anche l’Italia, tradizionalmente priva di grandi miniere, ha riaperto la sua partita. Con il Programma nazionale di esplorazione mineraria (PNE) sono stati avviati 14 progetti in 11 regioni, finanziati con 3,5 milioni di euro. L’obiettivo è aggiornare la conoscenza del sottosuolo, individuando potenziali giacimenti di materie critiche, ma anche mappare i siti di rifiuti estrattivi abbandonati attraverso il progetto URBES, che punta ad aprire nuove prospettive di recupero e bonifica. Tutti i dati raccolti confluiranno poi nel portale GeMMA, il nuovo database minerario nazionale, pensato per rendere accessibili e interoperabili le informazioni geologiche e minerarie per finalità pubbliche e industriali.
Economia circolare
Oltre all’estrazione, la vera sfida si gioca sull’integrazione dei principi dell’economia circolare: recuperare, riciclare, riutilizzare. Gli elementi rari hanno un’impronta ambientale significativa che accompagna ogni fase di estrazione e trasporto: ridurre questa impronta attraverso processi circolari può trasformare una vulnerabilità geopolitica in un’occasione di innovazione.
Sarà proprio questo il tema centrale del convegno "Italy responds to CRM Act: re-starting from strategic projects", in programma durante la prossima edizione di Ecomondo (Rimini, 4–7 novembre 2025), con una sessione dedicata il 6 novembre dalle 14.00 alle 17.00. L’iniziativa, organizzata dal Comitato Tecnico Scientifico di Ecomondo, dal Politecnico di Torino e dalla Commissione Europea, riunisce i principali attori – tra cui governo, servizio geologico, enti di ricerca e industria – per delineari gli elementi chiave della risposta italiana al CRM Act. Un appuntamento che guarda oltre i confini nazionali, puntando su dialogo e sinergie a livello europeo e internazionale.
Articolo scritto da Giorgio Kaldor
Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile
Credits:
PUBBLICAZIONE
12/09/2025