LA STRATEGIA EUROPEA PER METTERE ALL'ANGOLO L'ULTRA FAST FASHION
I colossi dell’ultra fast fashion con i loro prezzi stracciati e le loro merci a bassissimo costo che fanno il giro del mondo hanno aperto una profonda riflessione sul settore tessile e dato vita a nuove proposte di legge.
A fine settembre la notizia dell’istruttoria per greenwashing che l’Autorità Antitrust italiana ha avviato nei confronti di Shein ha fatto il giro del mondo: nel mirino dell’Authority alcune sezioni del sito web del gigante dell’ultra fast fashion contenenti informazioni fuorvianti e incomplete sulla sostenibilità dei capi, ma anche un impegno per la decarbonizzazione comunicato con enfasi e contraddetto dal consistente incremento delle emissioni di gas serra che emerge dai report di sostenibilità per il 2022 e il 2023.
GLI IMPATTI DI UN SETTORE IN CRESCITA COSTANTE
Le pratiche in odore di greenwashing, per un settore così impattante che fonda il proprio business sulla sovrapproduzione e sulla distruzione degli abiti invenduti, sono all’ordine del giorno: già lo scorso anno Greenpeace Germania aveva raccolto in un report le diverse strategie di marketing utilizzate per rivendicare una sostenibilità spesso soltanto di facciata. Ora il caso Shein ha riacceso i riflettori sugli impatti ambientali e sociali della moda ultraveloce, su cui da tempo l’Europa ha concentrato la propria attenzione. È il caso di dire che l’industria tessile globale è legata a doppio filo con le fonti fossili, dato che il 64% del totale delle fibre prodotte nel mondo derivano direttamente dal petrolio, secondo il report Preferred Fiber & Materials Market Report 2023. Secondo l’Annual report 2021 della Changing Markets Foundation, gli indumenti sintetici rappresenteranno circa il 73% della produzione globale di fibre entro il 2030, mentre i prodotti in poliestere potrebbero rimanere nelle discariche per più di 200 anni. Inoltre, nel 2020 il settore tessile ha rappresentato la terza maggiore fonte di degrado idrico e di uso del suolo. Un impatto che possiamo visualizzare in relazione agli abiti alle scarpe che un singolo cittadino europeo utilizza in un anno: nel 2020, ci dice l’Agenzia ambientale europea, gli abiti e le calzature di ciascuno di noi hanno consumato 9 metri cubi d’acqua, 400 metri quadrati di terra e 391 chilogrammi di materie prime.
Se poi pensiamo che le vendite on line di capi di abbigliamento incrementano il loro fatturato del 10% ogni anno, è facile immaginare che gli impatti di questo mercato continueranno ad aumentare.
LA PROPOSTA DI LEGGE FRANCESE
I colossi dell’ultra fast fashion con i loro prezzi stracciati e le loro merci a bassissimo costo che fanno il giro del mondo hanno dunque aperto una profonda riflessione, in particolari in Paesi come la Francia, dove un gruppo di parlamentari ha messo a punto una proposta di legge per porre un freno alle vendite on line di capi e accessori di fast fashion. Shein viene citata espressamente nell’introduzione della proposta di legge francese: “Alla frontiera di questa moda veloce, l’azienda di abbigliamento prêt-à-porter cinese propone oltre 7.200 nuovi modelli di vestiti al giorno e mette a disposizione dei consumatori più di 470.000 diversi prodotti”, scrivono i proponenti. La loro idea è quella di far pagare un “eco-contributo” per la gestione dei rifiuti tessili più elevato per i capi di fast fashion, un costo maggiorato fino a 10 euro per ogni articolo venduto nel limite del 50% del prezzo di vendita. La legge prevede inoltre un divieto di pubblicità del fast fashion analogo a quello già introdotto in Francia per le imprese legate all’energia fossile.
LA STRATEGIA EUROPEA E LE NOVITÀ IN ARRIVO
Nel 2022 l'Unione Europea ha adottato la Strategia per tessili sostenibili e circolari con l’obiettivo di ridurre gli impatti e cambiare il modo in cui si producono e consumano abiti e tessuti. “Ciò significa – promette l’Europa – che tutti i prodotti tessili devono essere durevoli, riparabili e riciclabili. Saranno ampiamente disponibili servizi di riutilizzo e riparazione redditizi e i produttori si assumeranno la responsabilità dei loro prodotti lungo la filiera”.
Tra le norme che si sono poste l’obiettivo di realizzare quest’obiettivo c’è il cosiddetto Regolamento Ecodesign (ESPR, Ecodesign for Sustainable Products Regulation), che dopo l’approvazione definitiva è in attesa dell’emanazione di atti delegati da parte della Commissione europea. Ciascuno di questi atti stabilirà nel dettaglio le regole e le modalità con cui chi produce beni dovrà rivedere il proprio processo di produzione e uno dei primi atti delegati riguarderà proprio il settore tessile. Oltre a requisiti di durabilità, riparabilità e riciclabilità, si potrà prevedere un contenuto minimo di materiale riciclato, con informazioni più chiare e trasparenti ai consumatori anche grazie al passaporto digitale dei prodotti. Il nuovo regolamento introduce anche il divieto diretto di distruzione di prodotti tessili e calzature invenduti , pratica molto diffusa nell’ambito della moda veloce, dal momento che il basso valore dei capi, in termini di prezzo e qualità, rende diseconomico immaginare forme di riutilizzo.
LA RESPONSABILITÀ ESTESA DEL PRODUTTORE E I FOCUS DI ECOMONDO
L’Unione Europea genera 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno, di cui 5,2 milioni di tonnellate di abbigliamento e calzature. Per ogni persona si producono 12 kg di rifiuti tessili. Eppure solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene raccolto separatamente per il riutilizzo o il riciclo, mentre il resto viene incenerito o smaltito in discarica.
Per questo, in attuazione della Strategia per tessili sostenibili e circolari, le istituzioni europee hanno revisionato la direttiva quadro sui rifiuti proponendo, a luglio 2023, di rendere i produttori responsabili dell'intero ciclo di vita e della gestione sostenibile dei rifiuti tessili in tutta l'Unione. L’intento è quello di introdurre regimi obbligatori e armonizzati di responsabilità estesa del produttore (in inglese Extended producer responsibility, EPR), anche in vista dell’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili in tutta Europa dal primo gennaio 2025. Come avviene già in altri settori come imballaggi, batterie e apparecchiature elettriche ed elettroniche, saranno i produttori a finanziare attraverso il pagamento dell’eco-contributo i costi di gestione dei rifiuti tessili. In Europa sue Paesi hanno già avviato da tempo sistemi volontari di Responsabilità estesa nel settore tessile: la Francia con il consorzio Refashion e l’Olanda con la fondazione Stichting UPV Textiel. Anche in Italia gli operatori del settore si sono preparati dando vita a diversi consorzi, già costituiti e in attesa di entrare nella piena attività non appena il quadro normativo europeo sarà definitivo (siamo in attesa di un ultimo passaggio di concertazione nel cosiddetto “trilogo” tra Commissione, Parlamento e Consiglio) e le regole italiane disciplineranno i dettagli del nuovo regime.
L’aspettativa è che si instaurino sistemi di raccolta, cernita e gestione efficienti, che si riduca la quantità di rifiuti destinati a discarica o incenerimento e che aumenti il tasso di circolarità del settore tramite riutilizzo riciclo e soprattutto grazie al supporto all’ecodesign. Il contributo che i produttori pagheranno al regime EPR sarà infatti commisurato alle prestazioni ambientali dei prodotti tessili, un principio noto come “eco-modulazione”, in base al quale chi inquina di più paga di più.
L’attenzione degli operatori del settore per l’arrivo di questo nuovo regime e per la messa a tessa delle altre norme che lo riguardano è molto alta. È diffusa la consapevolezza che il settore tessile e il fast fashion in particolare sono alla vigilia di cambiamenti radicali, dettati dalla necessità di ridurre gli squilibri e gli impatti ambientali e sociali generati fin qui. L’edizione 2024 di Ecomondo sarà l’occasione di approfondire questi temi e riflettere sulla portata delle ultime novità normative, grazie a una serie di incontri e panel organizzati anche con il contributo di EconomiaCircolare.com proprio nel Textile District, l’area espositiva della fiera dedicata al settore.
Articolo di Raffaele Lupoli, direttore responsabile di EconomiaCircolare.com