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Luglio “plastic free”? Più che usare slogan bisogna cambiare i nostri comportamenti

Luglio “plastic free”? Più che usare slogan bisogna cambiare i nostri comportamenti

Luglio plastic free: davvero ha senso parlare di un mondo senza plastica?
Inquinamento da plastica, la parola chiave è responsabilità


A partire dal 2011, luglio è conosciuto come mese plastic free: una campagna globale lanciata dalla Plastic Free Foundation per sensibilizzare cittadini, imprese e istituzioni sull’uso della plastica, in particolare quella monouso, e sul suo impatto ambientale. Uno slogan, però, che rischia di semplificare troppo il tema, senza andare in profondità, e di demonizzare inutilmente un materiale prezioso, fondamentale in molti settori della nostra vita.

Attenzione agli slogan semplicistici   
L’allarme sull’inquinamento da plastica è un problema reale e globale. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, l’equivalente di 2.000 camion della spazzatura pieni di plastica viene quotidianamente scaricato negli oceani, nei fiumi e nei laghi di tutto il mondo. Ogni anno 19-23 milioni di tonnellate di questi rifiuti finiscono negli ecosistemi acquatici, contribuendo al fenomeno ormai diffuso delle microplastiche.

Il futuro? L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) stima che, senza politiche più forti, la produzione e l’uso di plastica potrebbero aumentare del 70% entro il 2040, passando da 435 milioni di tonnellate nel 2020 a 736 milioni, con solo il 6% delle materie plastiche provenienti da fonti riciclate.

Puntare a un mondo plastic free, però, non ha senso: è uno slogan privo di concretezza e realismo, e ormai non più contemporaneo, come si obietta da più parti. <<Il problema non è il materiale in sé, ma l’uso che ne viene fatto e la sua gestione a fine vita>>, commenta Andrea Campelli, direttore Relazioni esterne e Comunicazione di Corepla, il consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. <<L’idea che eliminare la plastica sia automaticamente una scelta ecologica è una scorciatoia comunicativa fuorviante: non dobbiamo combattere un nemico, ma analizzare quali sono i comportamenti che rendono questo materiale inquinante>>.


Ecomondo

Perché la plastica spesso è insostituibile
La plastica, d’altronde, è insostituibile nel 90% delle applicazioni per cui oggi viene usata, grazie ai numerosi vantaggi che offre: economicità, leggerezza, versatilità, riciclabilità. E non sempre i materiali che sembrano più green lo sono davvero, anzi: <<Per capire quanto le diverse soluzioni siano davvero inquinanti, quantificando l’impatto ambientale di un prodotto, bisogna fare una seria analisi scientifica, con conseguente comparazione>>.

L’unico metodo è quello del Life Cycle Assessment (LCA), o Analisi del Ciclo di Vita, una metodologia che valuta gli impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla produzione allo smaltimento, considerando tutti gli input (risorse, energia) e output (emissioni, rifiuti) in ogni fase. <<In questo modo la plastica risulta sempre vincente, perché, per esempio, è leggera, richiede meno energia per essere prodotta, può essere trasportata nelle preforme, costa meno>>, prosegue Campelli. <<Prendiamo il caso degli imballaggi alimentare: oggi si parla tanto di sostituire la plastica nelle vaschette destinate a frutta e verdura, oppure ad altri alimenti, ma le plastiche convenzionali non sempre rappresentano la scelta meno rispettosa dell’ambiente>>.

Lo dimostra uno studio condotto dal gruppo di ricerca Aware (Assessment on Waste and Resources) del Politecnico di Milano, pubblicato sulla rivista Waste Management & Research con il titolo “How does plastic compare with alternative materials in the packaging sector? A systematic review of LCA studies”.  


Produzione e fine vita: le azioni da compiere
Se la plastica difficilmente si può sostituire, la strada giusta è imparare a gestirla al meglio, a monte e a valle del suo ciclo di vita. Per cominciare, in fase produttiva le imprese possono muoversi verso una maggiore sostenibilità in numerose direzioni: ridurre l'overpackaging, favorire il riuso, incentivare la scelta di monomateriali, che sono più semplici da riciclare, e potenziare l’eco-design, cioè la progettazione di imballaggi pensati fin dal principio in ottica di economia circolare.

 



Capitolo fondamentale, poi, è la gestione del fine vita: come risaputo, la plastica, differentemente da altri materiali, non si degrada in maniera naturale, quindi non va assolutamente abbandonata nell’ambiente. <<Ma questo è un aspetto che dipende dal comportamento delle persone, non è colpa del materiale>>, prosegue Campelli. <<Qui entrano in gioco i cittadini, che possono cambiare le cose, facendo bene la raccolta differenziata e conferendo i rifiuti nel modo corretto, oltre a tutti i soggetti che devono fare in modo che questa filiera funzioni, ovvero consorzi, comuni, public utility>>.

La raccolta differenziata in Italia
A questo proposito, secondo Corepla, nel 2024 l’Italia ha raccolto in modo differenziato oltre 1.500.000 tonnellate di imballaggi in plastica, registrando un incremento del 4% rispetto al 2023. La media pro capite ha superato i 26 kg per abitante, dimostrando una crescente sensibilità ambientale da parte della popolazione. La Sardegna si conferma prima per raccolta pro capite (36,4 kg per abitante), seguita da Veneto (30,9 kg) e Liguria (29,6 kg), quest’ultima in crescita dell’11%, a cui si aggiunge la straordinaria performance della Basilicata, che con un +40% risale significativamente la classifica. Il sistema COREPLA ha coinvolto 7.396 Comuni, coprendo il 97% della popolazione italiana, pari a oltre 57 milioni di cittadini. Il riciclo ha raggiunto le 931.096 tonnellate, avvicinando con un anno di anticipo l’obiettivo europeo del 50%.

Un altro dato significativo riguarda il destino degli imballaggi in plastica non ancora riciclabili: l’87% è stato recuperato dai cementifici come sostituto dei combustibili fossili, il 13% è stato smaltito nei termovalorizzatori, e solo lo 0,06% è finito in discarica.


Responsabilità da parte di tutti
Quindi la parola chiave su cui concentrarsi tutto l’anno, e non solo nel mese plastic free, secondo Andrea Campielli è responsabilità: <<Un concetto molto forte, che unisce tutti gli attori e tutti gli anelli di questa catena. Perché non basta aumentare la sensibilità ambientale, se questa non si traduce in un comportamento responsabile a 360 gradi, che, nel caso dei singoli individui, riguarda anche il modo di vestire, di mangiare, di viaggiare>>.

 



Fondamentale è una corretta e approfondita informazione: <<Quello della sostenibilità è un tema articolato, che va affrontato in modo scientifico. Non va semplificato attraverso uno slogan o un’infografica né ridotto a un comportamento occasionale. Serve consapevolezza, altrimenti il rischio è quello di svuotare di significato questa parola>>.
Articolo scritto da Maria Carla Rota

Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile

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