Molto rilevante eppure sottostimato. Si potrebbe sintetizzare così l’impatto ambientale del settore tessile a livello planetario. Parliamo di un settore che in termini di emissioni di anidride carbonica si colloca subito dopo Cina e Stati Uniti: una superpotenza economica e climatica che fa molta fatica a misurare e a modificare processi complessi e articolati.

D’altro canto, parlare di tessile significa parlare di agricoltura, di massiccio utilizzo di risorse idriche ed energia, di plastiche derivate da petrolio e altri materiali impattanti, di logistica ed eventi. Una catena di fornitura globale che vede in particolare sul banco degli imputati il “fast fashion”: 100 miliardi di indumenti prodotti in un anno, 60 miliardi dei quali finiranno in discarica entro l’anno successivo. Uno spreco di risorse che il Pianeta non si può più permettere. 
 

Responsabilità estesa in arrivo

Per porre un freno alla folle corsa di questo treno super-inquinante, l’Europa ha messo in campo un piano articolato di azioni in attuazione della Strategia per il tessile sostenibile. Lo scorso luglio la Commissione UE ha proposto l’introduzione di regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR) obbligatori e armonizzati per i prodotti tessili in tutti gli Stati membri.

Saranno i produttori, come già avviene per imballaggi, batterie e apparecchiature elettriche ed elettroniche a coprire i costi della gestione dei rifiuti tessili in base al cosiddetto principio della “eco-modulazione”, vale a dire parametrando le somme da pagare in funzione della maggiore o minore caratteristica di sostenibilità dei prodotti immessi sul mercato. L’auspicio – ma il risultato sarà tutto da verificare – è che questo criterio imprima una spinta verso l’ecodesign: far pagare di più per i prodotti più inquinanti dovrebbe stimolare a progettare tessuti e capi con impatti minori sia in fase di produzione sia a fine vita.

 


L'Italia è pronta al "salto"?

Dal 2025 entrerà poi in vigore l’obbligo di raccolta differenziata per i prodotti tessili e la responsabilità finanziaria e gestionale dei produttori serviranno anche a investire nei sistemi di raccolta differenziata, cernita, riutilizzo e riciclo. L’Italia già dal 2022 aveva fatto proprio quest’obbligo avviando il processo di costituzione di un sistema EPR e sono nati già diversi consorzi che si candidano a gestire il fine vita dei rifiuti tessili per conto delle aziende associate.
La proposta della Commissione europea di inizio luglio, però, deve ancora passare al vaglio dell’Europarlamento e del Consiglio europeo: questo significa che l’iter di approvazione del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) che istituisca la responsabilità estesa per prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa è destinato a prolungarsi.
La bozza di decreto sottoposta a consultazione lo scorso febbraio, che prevede tra l’altro l’istituzione di un centro di coordinamento denominato Corit, è stata accolta da diverse critiche e prima della proposta di modifica della direttiva quadro sui rifiuti da parte della Commissione europea si attendeva una nuova versione dello schema di decreto “ad horas”.

Ora che i tempi si sono per forza di cose allungati, bisogna utilizzare al meglio questa pausa forzata e mettere a fuoco tutte le questioni emerse dall’analisi dello schema di decreto: come si distribuisce la responsabilità – e il futuro contributo ambientale – lungo l’intera filiera? Qual è il ruolo dei raccoglitori – i soli operatori già impegnati da tempo “sul campo” – nella gestione del sistema di responsabilità estesa?
L’industria tessile e della moda è davvero pronta e riprogettare prodotti e processi per ridurre gli impatti e a misurare efficacemente questo sforzo? Come si gestirà la “perdita di valore” dei rifiuti raccolti in strada dovuta al recupero presso i negozi dei capi di maggior valore? E quali ricadute ci saranno sull’attuale sistema di raccolta e sul second hand?
A queste ed altre domande rispondiamo a Ecomondo all'interno del progetto Textile District

Un articolo a firma di Raffaele Lupoli - Direttore editoriale di EconomiaCircolare.com