I nomi sul menù sono semplici: trota, diaframma, cervo, insalata estiva. Eppure, dietro di essi si cela la filosofia radicale e lo stile inconfondibile dello chef etico, tre stelle Michelin, una stella verde, Norbert Niederkofler. Con la sua filosofia Cook the Mountain, Niederkofler porta la sostenibilità e il km zero ad un nuovo livello di gusto e di messaggio politico. Rispetto del territorio e lotta all’overtourism, tutela delle filiere locali senza compromessi e zero sprechi sono le sue battaglie.
A 64 anni nulla sembra voler fermare lo chef altoatesino, che ha inaugurato nel 2024 il suo Atelier stellato Moessner, nella villa padronale dell’antico lanificio omonimo, introdotto nel 2025 l’esperienza culinaria The View presso l’AlpiNN a 2235 metri di altezza e, sempre quest’anno, preso in gestione la residenza signorile Ansitz Heufler, a Rasun di Sopra.
Nell’estate dell’overtourism e della ricerca di un tempo umano lontano dai social, per Norbert Niederkofler l’autenticità ad ogni costo è la via maestra. <<Siamo in una fase veramente molto complessa. Il mio contributo è realizzare posti di vera bellezza e armonia, che vadano oltre la sola ospitalità, bere e mangiare. Io penso che noi dobbiamo creare momenti molto emozionali, senza compromessi>>. Serve una narrativa e gestione dei luoghi che non cerchi il consumo ad ogni costo, ma dia priorità a chi lo abita, a chi produce, agricoltori, allevatori ed artigiani soprattutto.
Ma come ricreare un territorio e riportare lentezza e sostenibilità culinaria ad esso?
<<Per trovare le risposte sono partito dalle mie radici (lo chef viene da Lutago, in Valle Aurina, la valle più a nord d’Italia, ndr) per poi cercare il rispetto della biodiversità, la diffusione di prodotti biologici e a km 0, il ritrovo della mentalità del vivere lento seguendo la stagionalità>>. Così nasce la filosofia di Cook the Mountain: tutto deve essere rigorosamente raccolto dai territori alpini: niente serre, niente olio di oliva, niente agrumi, riscoperta di varietà dimenticate, niente sprechi, è il mantra che ama ripetere alla sua squadra e agli avventori dell’Atelier Moessner di Brunico. Anche la pelle di un salmerino o una buccia di patata possono diventare ingredienti gourmet.
<<Ho scritto il manifesto di Cook the Mountain nel 2008>>, spiega lo chef. <<Per creare la filiera ci abbiamo messo cinque anni, difficilissimi, usati per convincere i contadini a soddisfare le nostre richieste e creare un’economia locale solida e aperta. Agricoltori e allevatori devono essere considerati come gli artigiani del territorio, a tutela del territorio>>.
All’inizio viene preso come un pazzo. Un importante giornalista ex-Michelin cerca di convincerlo a cambiare idea su Cook the mountain. Rischia di perdere le due stelle conquistate con il suo primo ristorante, l’Hubertus. <<Ho convocato la squadra e fatto leggere la mail del giornalista. Il giorno dopo ho trovato in cucina le copie della missiva stracciate>>. La via era segnata: la cucina sostenibile radicale aveva trovato il suo massimalista, pronto a perdere lo status ottenuto pur di difendere la sua idea. <<Ma i fatti ci hanno dato ragione. Grazie a Cook the Mountain abbiamo raggiunto la terza stella e creato una filosofia>>.
- Ti potrebbe interessare anche: Pesca sostenibile, una sfida globale: salvare il mare partendo dalla tavola
L’influenza sulla ristorazione del Sud Tirolo
Il concetto di Cook the Mountain non ha solo cambiato il modo di cucinare di Niederkofler, è diventato la base di tantissime iniziative sul territorio dell’Alto Adige – e non solo – che ha accelerato il fenomeno slow food, creando nuove filiere di valore, dalla creazione del marchio Gallo Rosso per le locande tradizionali, Hofschänke e Buschenschänke, fino poi alla creazione del Marchio Sostenibilità Alto Adige, dove si riconoscono i ristoranti e le locande che adottano pratiche sostenibili sotto il profilo ecologico, sociale e culturale. L’impegno delle strutture si sviluppa su tre livelli:
- livello 1 segna l’inizio del percorso verso una gastronomia più responsabile,
- il livello 2 certifica un avanzamento significativo,
- mentre il livello 3 attesta i più alti standard di sostenibilità con riconoscimento internazionale.
<<Quello di cui sono veramente fiero è che abbiamo fatto vedere ai giovani come anche un approccio radicale di rispetto della natura, delle tradizioni e delle radici di un territorio possono arrivare ad ottenere tre stelle Michelin>>, aggiunge mentre ordina un succo di mirtillo con acqua gassata e ghiaccio sul deck dell’AlpiNN. <<Un esempio che può essere ripreso anche in altri territori. Come gli Appennini, dove ci sono già oggi chef che lavorano in questa direzione, ma che ancora non hanno visto la propria visione diventare popolare>>.
Circolarità non solo nel cibo
Recuperare luoghi abbandonati o poco valorizzati è la cifra di tutti i ristoranti in Alto Adige del brand Niederkofler. Questa intervista è stata realizzata all’AlpiNN, ristorante sulla cima della famosa stazione sciistica Plan de Corones, ricavato dalla ristrutturazione nel 2018 della stazione di arrivo della prima funivia del comprensorio, abbandonata da anni.
Dal vecchio edificio fatiscente è stato ricavato il museo di fotografia alpina Lumen e la balconata a strapiombo del ristorante, interamente circondata da pareti di vetro, che danno l’illusione di essere in volo mentre si mangia. Il ristorante, inclusa la nuova sezione The View, è stato realizzato dal designer di fama mondiale Martino Gamper, noto al mondo della sostenibilità per il suo progetto 100 sedie in 100 giorni, realizzate con arredo di scarto raccolto in strada a Londra o a casa di amici. <<Le mie indicazioni a Martino sono state due: creare un salotto a 2235 metri d’altezza e adottare la stessa filosofia di Cook the mountain per i materiali>>, continua indicando a mano da dove arriva la legna, di quale paese delle vicinanze è il falegname, chi sono i muratori.
<<Il capolavoro è il soffitto che ha dipinto Martino stesso sul telaio della Moessner, con tecnica asiatica che recupera la pittura caduta direttamente sul filato, con ben 450 pannelli che creano un ambiente intimo e acusticamente gradevole. L’acustica fa tantissimo in un ristorante>>. Ed effettivamente durante il pranzo (risotto, caprino, fegato, albicocca), con quasi cento persone sedute dentro AlpiNN, nella sezione The View (i tavoli per la degustazione con la vista migliore del ristorante) sembra di essere soli.
L’Atelier Moessner invece recupera la vecchia casa padronale del lanificio omonimo, ancora operativo. L’edificio centrale storico, a cui si accede attraverso una porta dove si viene accolti come dignitari regali, è stato restaurato con grande gusto. L’ospite viene ricevuto per l’aperitivo e gli amuse bouche in giardino o nel salotto, poi invitato nella sala da pranzo, oppure nella cucina a vista oversize, con ben 18 posti a sedere per assistere alla preparazione live dei piatti o ai cookshow o degustazioni che Norbert ama organizzare. <<È una casa molto grande, quello che volevo. I clienti si fermano anche per ore dopo il pasto. Tant’è che a breve apriremo anche negli alloggi nel giardino per creare un’esperienza unica>>.
L’ultimo arrivato, spiega, è l’Ansitz Heufler, ricavato dalla magione della famiglia Hohenbûhel zu Heufler, costruita nel 1580 nell’incantevole valle d’Anterselva e spesso usata negli ultimi anni come ristorante e bar. Al suo interno ci sono però due chicche che non erano sufficientemente valorizzate: l’antica stübe in legno del XVI secolo, una delle poche sopravvissute dell’epoca, tra i più importanti beni del patrimonio storico tirolese, e la "Rauchkuchl”, la vecchia cucina annerita, dove si affumicava lo speck, trasformata in un bar illuminato con grande perizia. Difficile descrivere l’atmosfera unica della stübe. <<Non abbiamo messo musica, così che parli il silenzio e la quiete>>, dice. Per godervela al meglio fermatevi ad ascoltare un temporale in una notte di luglio, degustando una grappa barricata.
- Ti potrebbe interessare anche: Nuove Tecniche Genomiche (NGT): la soluzione per un’agricoltura più sostenibile e resiliente
Un giusto prezzo?
L’Ansitz è anche la dimostrazione che Cook the Mountain può essere democratico. I piatti hanno prezzi più bassi di un mediocre ristorante milanese, ma rispettano al pieno i dettami dello chef, dai funghi raccolti dallo staff alla fornitura di speck e formaggi locali, con i piatti della tradizione come Schlutzkrapfen, le mezzelune di grano saraceno e lo stinco di maiale. Certo, l’esperienza all’atelier non è altrettanto accessibile, ma la qualità e l’esperienza ne giustificano il costo. Il concetto di valore del progetto di Niederkofler però è un altro: quello dell’impatto su biodiversità, clima, comunità e territorio.
<<Il nostro approccio ha un vantaggio, costa di meno come materia prima, dato che una parte viene direttamente raccolto dai boschi, ma costa di più come manodopera, creando però lavoro e tagliando completamente gli intermediari commerciali. Noi paghiamo direttamente i produttori, rafforzando il territorio e ridefinendo il concetto di lusso. Cosa è il lusso? Il caviale o il pesce raro importato dall’Australia? No, per noi è rigenerare il territorio, conoscere da dove arriva la materia prima, chi ha allevato gli animali o raccolto le piante: questo è il vero lusso per me>>.
Articolo scritto da Emanuele Bompan
Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile
PUBBLICAZIONE
05/08/2025