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Dazi, conto alla rovescia: le prospettive per l’Ue (e non solo)

Dazi, conto alla rovescia: le prospettive per l’Ue (e non solo)

Nella (quasi) infinita partita sui dazi tra Stati Uniti ed Unione Europea, gli occhi del mondo intero sono puntati su venerdì primo agosto: una scadenza "vincolante" per trovare un accordo, come l’ha definita il segretario al commercio americano Howard Lutcnick, escludendo la possibilità di nuove proroghe (anche se poi ha aggiunto che nulla vieterebbe di dialogare ancora dopo quella data).

A Bruxelles e dintorni si lavora quindi alacremente per riuscire a mettere un punto a queste montagne russe: se la trattativa dovesse fallire, gli Usa imporranno fin da subito prelievi del 30% sui prodotti in arrivo dall’Europa. Una situazione in evoluzione costante, in cui ci si prepara a diversi scenari.


Accordo sul 10% sfumato
A far saltare l’intesa nelle ultime settimane sono stati gli Usa, che hanno alzato la posta, proprio mentre ci si stava accordando su un aumento degli acquisti europei di energia e semiconduttori statunitensi in cambio di un tetto del 10% sui dazi per la maggior parte dei beni, una quota pari a quella concordata con il Regno Unito, oltre al fatto che restavano ancora da negoziare esenzioni settoriali. Invece, anche scongiurando l’ipotesi del 30%, ora le tariffe verrebbero fissate al 15-20%, secondo quanto riferito dal Financial Times, e sembra sfumare anche la possibilità di abbassare le tariffe in vigore su auto (25%) e su acciaio e alluminio (50%). I dazi a stelle e strisce potrebbero poi essere estesi ai beni attualmente esenti: farmaceutica, minerali critici, semiconduttori, legname, aerei e cantieristica navale. 


La strategia dei Paesi Ue
La richiesta al rialzo di Washington ha agitato l’Unione Europea, spingendo la Germania, tradizionalmente più conciliatrice, a prendere in considerazione la linea dura della Francia. La maggioranza dei Paesi membri è favorevole al dialogo, ma stanno aumentando le voci che chiedono alla Commissione europea di preparare un pacchetto di misure di ritorsione non solo tariffarie, ma anche a carico delle aziende statunitensi. In particolare, si pensa all'attivazione dello strumento anti-coercizione, introdotto nel 2023 per rispondere alle aggressioni economiche e alle pratiche commerciali sleali da parte di potenze extra-europee: è prevista una serie di misure economiche punitive - come dazi, boicottaggi o controlli doganali - per costringere l’eventuale controparte a modificare le proprie decisioni. 

 



Nel caso specifico, per esempio, si potrebbero colpire i servizi digitali delle Big Tech statunitensi, restringere l’accesso ai mercati dei servizi finanziari e alle gare d’appalto pubbliche, limitare la vendita di prodotti chimici o alimentari in Europa. Secondo le stime, un primo pacchetto di possibili contro-dazi, congelato da aprile, avrebbe un valore di quasi 21 miliardi di euro e colpirebbe marchi e beni iconici, come Harley-Davidson, Levi’s, burro di arachidi, mais e soia, mentre un secondo pacchetto potrebbe spingersi a dazi su tech e automotive fino a 72 miliardi.

European Union, 2025
Dazi e dollaro debole, "scenario complicato"
Intanto i mercati internazionali stanno a guardare, mantenendo un outlook positivo di fronte all’incertezza. A pesare è la forte svalutazione del dollaro, soprattutto rispetto all’euro (-13,7% da inizio anno): in concomitanza con l’aumento dei dazi, infatti, la competitività di prezzo degli esportatori europei ne risentirebbe ulteriormente, sia rispetto ai produttori domestici Usa che rispetto ad altri paesi meno colpiti. Scenario fosco, quindi, per export, consumi e investimenti, anche se notizie positive vengono dal parziale rientro del prezzo del petrolio, dall’inflazione contenuta e dalla politica di tagli dei tassi nell’Eurozona.

A fare questa analisi è il Centro Studi di Confindustria, che parla di "scenario complicato" e quantifica le possibili conseguenze per l’Italia. Con tariffe al 30% su tutti i prodotti e cambio euro-dollaro sui livelli attuali, l'export italiano di beni negli Usa si ridurrebbe di circa 38 miliardi, pari al 58% delle vendite negli Usa, al 6,0% dell'export totale e, considerando anche le connessioni indirette, al 4,0% della produzione manifatturiera. Forte l’impatto netto sulla nostra economia, anche se mitigato dalla capacità degli esportatori italiani di trovare nuovi mercati di sbocco e di competere su fattori non di prezzo: nel complesso il livello del Pil italiano nel 2027 sarebbe inferiore dello 0,8%.

<<Non si può parlare solo di dazi, ma del costo dell’euro e dei dazi. A fronte di eventuali tariffe Usa al 30%, dobbiamo sommare il peso del cambio dell’euro sul dollaro, il cui costo è di circa il 13%: arriveremmo così al 43%. Per noi il cambio è già un dazio>>, ha avvertito il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, intervenendo alla Camera al convegno Nucleare futuro.


Le conseguenze globali
A doversi preoccupare delle conseguenze non è comunque solo l’Unione Europea. Sempre secondo Confindustria, l'incertezza di politica economica negli Stati Uniti è più che raddoppiata sotto l’amministrazione Trump (+131% segna l’indice Economic Policy Uncertainty nella prima metà di luglio 2025 rispetto a dicembre 2024), provocando un balzo anche dell'incertezza globale (+86%): valori ai massimi storici, sopra il picco toccato durante la pandemia.

E se per il momento The Donald canta vittoria, giurando di aver resuscitato un <<Paese morto>> nei suoi primi sei mesi di mandato, le prospettive per lui e per gli Stati Uniti non sono rosee. Secondo un sondaggio della CBS News, il 60% degli americani è contrario alle scelte della Presidenza in materia di dazi. Le tariffe potrebbero rivelarsi un boomerang per l’America, spingendo i prezzi verso l’alto: che si tratti di beni finali, beni intermedi o materie prime, infatti, l’impatto dei dazi è generalmente inflazionistico.

Intanto bisogna anche vedere come si riorganizzerà lo scenario globale delle alleanze geopolitiche ed economiche, con l’Unione Europea che cerca di migliorare le relazioni commerciali con l’Oriente, come dimostra la visita del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, e della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, prima a Tokyo e poi a Pechino.


 



Il primo agosto sarà una data fatidica non solo per l’Ue, ma anche per altri partner commerciali degli Stati Uniti, che si troveranno ad affrontare tariffe dal 25 al 40%, se non sigleranno anche loro accordi commerciali con Washington. Secondo molti analisti, il peggio deve ancora arrivare, perché l’impatto dei dazi applicati finora, pari al 10% per quasi tutti i paesi, con imposte più elevate su automobili e acciaio, è stato ammorbidito dalla strategia di numerose aziende, che hanno accumulato in anticipo scorte per mitigare l'aumento dei costi. La tempesta deve ancora arrivare.
Articolo scritto da Emanuele Bompan e Maria Carla Rota

Questo blog è un progetto editoriale sviluppato da Ecomondo con Materia Rinnovabile

Credits:

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25/07/2025

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