Per dirla con la Commissione Europea “La transizione energetica è una transizione di materiali”. Inutile illudersi, quindi. Per elettrificare, digitalizzare e decarbonizzare l’economia servono materie prime.


Minerali e metalli, soprattutto. Risorse che quando sono di strategica importanza economica e contestualmente caratterizzate da un alto rischio di fornitura vengono definite Critical Raw Materials, materie prime critiche (CRM).

Le materie prime critiche sono fortemente connesse alle tecnologie pulite e rappresentano elementi insostituibili in settori cruciali per la transizione ecologica, come la produzione di pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici. Tra queste, le terre rare, un gruppo di 17 elementi globalmente diffusi ma poco concentrati (tra cui il lantanio, il cerio e lo scandio) rivestono un'importanza particolare, trovando applicazione ad esempio nel settore delle energie rinnovabili e nell'industria della difesa (radar, ad esempio). Sono infatti fondamentali nella supply chain di magneti permanenti, fibre ottiche e batterie ricaricabili.

La lista di CRM non è però identica in tutto il mondo. Un aspetto che - per approfondire clicca qui - si comprende a pieno solo guardando la transizione ecologica con la lente della competizione, in particolare geopolitica e geostrategica. Questo perché la produzione di queste risorse è infatti altamente concentrata in specifiche regioni geografiche. Ad esempio, Australia e Cile sono note per l’estrazione di litio, la Cina per la grafite e le terre rare, la Repubblica Democratica del Congo per il cobalto e l'Indonesia per il nichel. Il Sudafrica è invece un importante produttore di platino e iridio. Altro aspetto da considerare è che anche la fase di lavorazione risulta fortemente concentrata. Solo la Cina detiene oltre il 50% dell'offerta mondiale raffinata di grafite naturale, disprosio, cobalto, nichel e iridio.

Per garantire diversificazione delle forniture e garantire materiali alle industrie dell’Unione, il 16 marzo 2023 la Commissione europea ha quindi lanciato il Critical Raw Materials Act. Regolamento che, oltre a essere accompagnato dal nuovo elenco di materie prime critiche che il Joint Research Center elabora ogni tre anni, mira a garantire che nessun Paese terzo fornisca più del 65% del consumo annuale dell'Unione di qualsiasi materia prima. Inoltre, per disaccoppiare il proprio fabbisogno dalle importazioni, la Commissione UE punta a estrarre nel territorio europeo il 10% del consumo annuale di materie prime critiche, raggiungendo per ciascuna risorsa strategica un target del 15% di riciclo.

Ma come? Attraverso il cosiddetto urban mining. In particolare, quindi, attingendo alla riserva di metalli rari contenuti nei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) guaste, inutilizzate o obsolete. Ad esempio, radio, televisori, cellulari, computer.



“Ci sono più di 700 milioni di vecchi telefoni che giacciono nei nostri cassetti, ovvero quasi due per ogni persona nell'UE. Spesso i cittadini hanno difficoltà a decidere cosa farne”, ha detto il 6 ottobre 2023 il Commissario UE Virginijus Sinkevičius nel giorno in cui la Commissione UE presentava una serie di raccomandazioni politiche rivolte agli Stati membri per migliorare e incentivare la restituzione di telefoni cellulari, tablet, laptop e relativi caricabatterie usati e di scarto.  
Il tasso di raccolta dei piccoli dispositivi elettronici nell'UE rimane infatti molto basso. Ad esempio, il tasso di raccolta dei telefoni cellulari è inferiore al 5%.

“Possiamo rendere più chiare e semplici le modalità di restituzione, riparazione e riciclaggio di questi prodotti. Le raccomandazioni di oggi si concentrano su misure efficaci e incentivi per aumentare il tasso di raccolta dei piccoli dispositivi elettronici in tutta l'UE, dando loro una seconda vita. È un vantaggio per tutti: le persone possono trarre molti benefici, mentre l'economia circolare cresce e noi non perdiamo materie prime fondamentali” ha concluso Sinkevičius.

E in Italia? Secondo uno studio realizzato nel 2022 dal Think Tank The European House – Ambrosetti, nella Penisola ben 26 materie prime critiche su 30 sono indispensabili per l’industria aerospaziale (87% del totale), 24 per quella ad alta intensità energetica (80%), 21 per l’elettronica e l’automotive (70%) e 18 per le energie rinnovabili (60%). Se l’Italia raggiungesse il tasso di raccolta dei best performer europei (70-75%), si potrebbero recuperare 7,6 mila tonnellate di materie prime critiche, pari all’11% di quelle importate dalla Cina nel 2021.

Al contrario, con l’attuale tasso di raccolta, al 2025 non sarebbero recuperati circa 280 mila tonnellate, pari ad una perdita di 15,6 mila tonnellate di materie prime critiche. L’aumento del tasso di raccolta dei RAEE genererebbe, inoltre, notevoli benefici ambientali, con una riduzione di quasi 1 milione di tonnellate di CO2, che si tradurrebbero in benefici sociali per la comunità quantificabili in circa €208 milioni. Infine, la maggiore disponibilità di materie prime critiche a sostegno dell’intera economia del Paese ridurrebbe il costo delle importazioni, generando un vantaggio economico pari a quasi 14 milioni di euro.

 

Un articolo di Emanuele Bompan e Giorgio Kaldor