Sono fondamentali per l’economia e per poter disporre delle tecnologie che abilitano la cosiddetta doppia transizione, ecologica e digitale. Sono però tutt’altro che a portata di mano e i costi sociali e ambientali della loro estrazione sono molto elevati. Parliamo di una famiglia di materiali definiti “materie prime critiche”, perché rilevanti per l’economia ma difficili da reperire e con un elevato rischio di interruzione delle forniture. Cobalto, gallio, litio, grafite, nichel, solo per citarne alcune utili a costruire batterie, pannelli fotovoltaici a film sottile o superleghe.


Le materie prime strategiche e il dominio cinese

Nel 2011 la Commissione europea ha pubblicato per la prima volta un elenco di questi materiali, aggiornandolo ogni tre anni e passando dai 14 di allora ai 34 contenuti nella proposta di regolamento in materia emanata a marzo di quest’anno, il cosiddetto Critical Raw Materials Act. La novità di questo elenco aggiornato è l’individuazione di un sottoinsieme di 16 “materie prime strategiche”, ritenute cioè particolarmente degne di attenzione perché indispensabili per la doppia transizione e per i settori aerospazio e difesa. La difficoltà di procurarsi questi 16 materiali è molto elevata e connessa alla previsione di squilibri globali tra domanda e offerta. La pandemia da Covid-19 prima e la guerra in Ucraina poi, sono un esempio di queste cause di squilibrio, ma la difficoltà di reperimento non è ovviamente uguale per tutti i Paesi e in tutti i continenti.

Il mercato delle materie prime critiche ha un Paese leader che può contare sullo sfruttamento dei giacimenti interni e sul posizionamento globale delle proprie compagnie minerarie: la Cina, che controlla il 65% delle materie prime critiche planetarie e da decenni ha investito non soltanto nella fase estrattiva a monte, ma anche nella fornitura della componentistica realizzata con questi materiali.


Accendere i riflettori sul riciclo, anche a Ecomondo

È di pochi giorni fa la notizia di una restrizione da parte cinese dell’export di alcuni tipi di grafite, materiale indispensabile per le batterie dei veicoli elettrici, la cui domanda si prevede in aumento di 20-25 volte tra il 2020 e il 2040. Questi materiali, insomma, sono sempre più spesso al centro di contese e guerre commerciali, perché controllarli significa controllare il futuro dell’economia globale. Ecco perché è sempre più importante accendere i riflettori sul recupero degli enormi quantitativi presenti negli oggetti già prodotti e immessi sul mercato.

Si stima che i rifiuti elettronici prodotti a livello globale nel 2021 ammontino a circa 54,4 milioni di tonnellate e che nel 2030 possano arrivare a 74 milioni di tonnellate. Già quest’anno la quantità totale di rifiuti elettronici non riciclati presenti sul Pianeta supererà i 347 milioni di tonnellate.
 

Dall’ecoprogettazione alla sensibilizzazione

Ricavare materie prime seconde dagli enormi flussi di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, i cosiddetti RAEE, è un imperativo al quale non ci si può sottrarre, ma che dev’essere contestuale a una riflessione sulla durata di questi device e sulla loro “ecoprogettazione”, in modo che possano essere anche più facilmente riparati o smontati per il recupero dei diversi materiali. Per incrementare e rendere “ordinaria” questa pratica, vanno messe in campo azioni di sensibilizzazione e investimenti mirati. Sul primo fronte, c’è bisogno del coinvolgimento delle persone nella presa di coscienza di cosa sono i RAEE e quali benefici derivino dal loro corretto trattamento a fine vita. Un sesto dei RAEE prodotti annualmente, circa 9 milioni di tonnellate, è composto da quelli che vengono definiti “rifiuti invisibili”: cavi inutilizzati, giocattoli elettronici, indumenti con LED, utensili elettrici, sigarette elettroniche e altri piccoli articoli di consumo fuori uso che spesso non vengono riconosciuti come rifiuti elettronici e dunque non vengono conferiti in maniera corretta.
 

Ricerca, innovazione e impianti di riciclo

Ma è anche sul fronte della ricerca scientifica e dell’impiantistica per il riciclo che vanno fatti grandi sforzi di innovazione, valutando correttamente in quale direzione convogliare gli sforzi: si sente sempre più spesso parlare di ricerca di questi materiali in nuove miniere, magari sottomarine, se non addirittura su asteroidi ed altri pianeti. Intanto però la quantità di rifiuti elettronici aumenta esponenzialmente.
E se non si vuole pensare al loro impatto sul Pianeta, si dovrà almeno tener presente l’enorme valore economico di questi oggetti dismessi: oro, argento, rame, platino e altri materiali recuperabili di alto valore valgono circa 54 miliardi di euro. Lasciarli nei nostri cassetti o, peggio, vederli bruciare in discariche illegali in giro per il mondo è un danno che non possiamo più tollerare.

 

Un articolo di Raffaele Lupoli - Direttore Editoriale EconomiaCircolare.com