Il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age offrirà semplificazioni e accesso agevolato ai finanziamenti

La Commissione europea ha pubblicato il 22 febbraio il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, il piano industriale per un Green Deal per l’era delle emissioni-nette zero. Una riforma di politica industriale amplia, incentrata sulla semplificazione autorizzativa e per l’erogazione dei fondi, sulle competenze e sull’aumento di spesa verso le tecnologie low-carbon e circular.

Il piano arriva come risposta, nervosa e urgente, all'Inflation Reduction Act (IRA) del presidente USA Joe Biden da 369 miliardi di dollari per l’ambiente che ha scosso l’industria europea. Se Washington ha enormi problemi ad approvare riforme legislative su ambiente, clima ed energia, quando si tratta di spendere fondi federali per sostenere il mondo delle imprese non ha rivali.

Bruxelles quindi è corsa subito ai ripari fin temendo un’emorragia di investimenti e imprese verso l’altra sponda dell’Atlantico. La risposta europea all’IRA è arrivata già ad inizio gennaio, durante il World Economic Forum. Ora Ursula von der Leyen ha deciso di accelerare il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age” e vorrebbe il piano presentato il prossimo 23 marzo quando si terra il Consiglio europeo. Il mondo economico è in attesa.

 

 

L’Europa al momento rimane ancora indietro su vari elementi della transizione ecologica: l’approvvigionamento e l’economia circolare di materie prime critiche e non; la produzione in massa di batterie per lo storage e veicoli elettrici, la promozione e produzione delle pompe di calore, l’efficientamento dei processi e dei servizi, la dipendenza dai pannelli solari cinesi e la necessità di accelerare la produzione domestica, con “solar valleys” come quella che sta nascendo in Sicilia. Ma soprattutto una semplificazione e chiara definizione delle regole di sviluppo industriale, che rimangono al momento estremamente complesse e diversificate. 

 

Una spinta verso la decarbonizzazione 

“Abbiamo un'opportunità unica, di quelle che si presentano una volta per ogni generazione, di indicare la strada con ambizione e determinazione per garantire la leadership industriale dell'UE nel settore in rapida crescita delle tecnologie net-zero”, ha commentato Ursula von der Leyen presentando il GDIP.
“L'Europa è determinata a guidare la rivoluzione della tecnologia pulita. Per le nostre aziende e la nostra gente significa trasformare le competenze in posti di lavoro di qualità e l'innovazione in produzione di massa, grazie a un framework più semplice e veloce. Un migliore accesso ai finanziamenti consentirà alle nostre principali industrie di tecnologia pulita di crescere rapidamente”. Von del Leyen ha meno di un anno – le elezioni europee si terranno nel 2024 – per chiudere la sua eredità politica, legata in maniera inscindibile al Green Deal. Per questo vuole accelerare il processo. Le possibilità ci sono.

Secondo Barclays le proposte dell'UE nei prossimi 10 anni potrebbero superare di ben 440 miliardi di dollari le risorse per la decarbonizzazione degli Stati Uniti, riorientando i fondi inutilizzati per la ripresa post pandemia (è sempre più evidente che non saranno utilizzati tutti i fonti del NextGeneration EU).
Inoltre grazie al Carbon Border Adjustment Mechanism, la tassa sulle importazioni di prodotti ad emissioni superiori di quelle consentite nella produzione europea, si dovrebbe dissuadere i produttori dallo spostare la produzione al di fuori del blocco per reimportarla al suo interno. In questo modo la sfida con gli USA verrebbe contenuta e si ridurrebbe la fuga oltreoceano delle imprese, che già in questi mesi sentono la pressione derivante dalle opportunità dell’Inflation Reduction Act.

 

Come sarà strutturato il GDIP?

Il Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age si regge su quattro pilastri: un ambiente normativo chiaro e semplificato, accesso più rapido ai finanziamenti per il clean tech, formazione delle competenze necessarie e nuove regole commerciali per catene di approvvigionamento resilienti (come il fondamentale Critical Raw Materials Act, destinato ad aumentare l’estrazione mineraria in Europa e il riciclo delle materie prime critiche. 

Per professionisti e cittadini il pilastro più importante è quello delle “competenze”, dato che con l’accelerare della transizione serviranno maggiori sforzi per formare la forza lavoro, in particolare nelle fasce d'età più basse, con livelli di disoccupazione più elevati. Per le imprese la sfida più complessa è quella dell’approvvigionamento.

Se per i CRM l’Europa è pronta ad istituire nuove iniziative sull’approvvigionamento come un Club delle materie prime critiche, si accelera sull’economia circolare e sul potenziamento della simbiosi industriale con partenariati industriali Clean Tech/Net-zero, una strategia di crediti all'esportazione che limiti il settore fossile e favorisca le tecnologie a zero emissioni e infine uno sfruttamento aggressivo degli strumenti di difesa commerciale. La parte di semplificazione invece dovrebbe essere quella dove saranno gli euroburocrati a doversi impegnare maggiormente. La difficoltà ad ottenere fondi attraverso NextGen Eu (in Italia con il PNRR) ha mostrato le debolezze di un sistema di rendicontazione troppo complesso e arzigogolato. La semplificazione è un euro-problema.

 

Nuovi finanziamenti per le tecnologie pulite

Numerosi Stati, in particolare Francia e Italia, chiedono aumenti dei finanziamenti dell'UE per le tecnologie pulite: con il Green Deal Industrial Plan potrebbero arrivare fondi ponte a breve termine di circa 250 miliardi di euro, che lasceranno poi il passo a un nuovo Fondo sovrano europeo che la Commissione spera di stabilire prima dell'estate 2023.

“Il Green Deal Industrial Plan potrebbe segnare un punto di svolta nella transizione verso un'economia neutrale dal punto di vista climatico, non solo in Europa ma a livello globale”, spiega Martin Porter, Executive Chair del Cambridge Institute for Sustainability Leadership Brussels.
“È un segno che la vittoria nella corsa verso emissioni nette zero, con il Green Deal come bussola, è la strada da seguire per l'UE. C'è tutto da giocare e c'è una chiara urgenza per l'UE di alzare il tiro, per evitare l'autocompiacimento o il ritorno a nozioni obsolete di competitività nelle sue azioni.

Il GDIP deve ora mantenere la sua promessa di maggiore velocità, scala e concentrazione sui finanziamenti e sugli investimenti per l'innovazione". A livello internazionale la proposta è destinata ad accelerare la decarbonizzazione nel settore finanziario e spingere ulteriormente altre aree del pianeta a stare al passo con l’innovazione tecnologica e gli investimenti.

Il fondo ponte da 250 miliardi di euro si baserà principalmente sul reimpiego dei fondi UE esistenti (InvestEU, RePowerEU, il Fondo per l'innovazione e lo strumento di ripresa e resilienza). I finanziamenti strutturali a lungo termine saranno sostenuti dal Fondo sovrano europeo, che sarà creato nell'ambito della revisione del quadro finanziario pluriennale prima dell'estate 2023. Il fondo sosterrà progetti europei comuni che contribuiranno a livellare le condizioni del mercato interno europeo. 

 

Un articolo scritto da Emanuele Bompan