Ogni anno milioni di tonnellate di rifiuti finiscono nei mari di tutto il mondo, solo recentemente si sta prendendo consapevolezza di come questo fenomeno rappresenti un problema economico, ambientale e di salute umana: stiamo parlando del Marine litter. Diverse sono le azioni che sono state messe in campo per studiare e cercare un rimedio al marine litter ma si tratta di una sfida complessa e multidimensionale.

 

Cos’è il marine litter

Il marine litter consiste nella dispersione in mare di oggetti costruiti ed adoperati quotidianamente dall’uomo e poi abbandonati o persi lungo la linea di costa ed in mare, compresi quei materiali che, dispersi sulla terra ferma, raggiungono il mare attraverso i fiumi, il vento, le acque di dilavamento e gli scarichi urbani (strategia marina ISPRA). 

Questo fenomeno nasce da cattive pratiche di gestione dei rifiuti solidi e del trattamento delle acque reflue (comprese le acque derivanti da fenomeni meteorologici), dalla mancanza di infrastrutture e dalla mancanza di consapevolezza delle persone sulle conseguenze delle loro azioni.  

Nonostante il marine litter sia conosciuto da anni, solamente dal 2010 inizia a essere considerato come un problema reale, fino a raggiungere i livelli di conoscenza e sensibilizzazione attuale.

Diverse sono le azioni messe in capo per studiare e dimensionare il fenomeno, capirne gli impatti a livello globale e cercare soluzioni. Ripulire i mari tuttavia non è l'unica soluzione per contrastare il marine litter: a livello globale vanno adottate politiche di prevenzione. Importante il contributo delle amministrazioni ma indispensabile anche la consapevolezza del problema delle singole persone.

La dimensione del marine litter

Circa il 75% dei rifiuti marini a livello globale è costituito da plastica (dati elaborati da openpolis)  materiale che viste le caratteristiche, tra cui il permanere per molti anni nell'ambiente e la capacità di disgregarsi in particelle microscopiche, crea diversi problemi ambientali.

Secondo le stime, negli oceani del mondo sono accumulate più di 150 milioni di tonnellate di plastica, mentre ogni anno vengono aggiunti 4,6-12,7 milioni di tonnellate (da Jambeck et.al).

Recenti studi hanno evidenziato che il flusso annuale di rifiuti di plastica nell'oceano potrebbe quasi triplicare entro il 2040 a 29 milioni di tonnellate all'anno, equivalenti a 50 kg di plastica per ogni metro di costa in tutto il mondo (fonte dati: Rifiuti marini - GES - Ambiente - Commissione europea (europa.eu).

Le fonti del marine litter

Secondo alcune stime, circa l'80 % dei detriti trovati nell'ambiente marino proviene da attività terrestri. La fonte di rifiuti marini non è necessariamente limitata alle attività umane lungo la costa. Anche se smaltiti a terra, fiumi, inondazioni e rifiuti di trasporto del vento verso il mare.

Le attività di pesca, la navigazione, gli impianti off-shore come le piattaforme petrolifere e il sistema fognario contribuiscono al resto.

Da un'analisi più approfondita le principali fonti di rifiuti marini sono le seguenti. 

Attività terrestri:

  • riempimenti di terra e disseminate di spiagge e zone costiere (turismo)

  • fiumi e acque alluvionali

  • emissioni industriali

  • scarico da scarichi d'acqua delle tempeste

  • fognature comunali non trattate

 

Attività marine:

  • pesca e acquacoltura

  • scarico illegale o accidentale in mare da parte della navigazione (ad esempio trasporti, turismo)

  • estrazione ed estrazione offshore
     

 

Gli impatti ambientali

Numerose sono le conseguenze del fenomeno per la vita nel pianeta, conseguenze prevalentemente ecologiche ma anche economiche e sociali:

  1. impatto ecologico - con effetti letali o sub letali su piante e animali mediante intrappolamento, danni fisici e ingestione, accumulo di sostanze chimiche attraverso le plastiche e facilitazione della dispersione di specie aliene mediante trasporto, perdita di biodiversità e di funzioni e servizi ecosistemici. Ad esempio, gli attrezzi da pesca scartati, persi o abbandonati continuano ad intrappolare animali, soffocando l'habitat e rappresentando un pericolo per la navigazione;

  2. impatto economico - riduzione del turismo, danni meccanici alle imbarcazioni e alle attrezzature da pesca, riduzione del pescato e costi di bonifica per recuperare e smaltire i rifiuti dispersi in mare;

  3. impatto sociale - riduzione del valore estetico e dell’uso pubblico dell’ambiente.


Particolare attenzione si sta avendo per le microplastiche, difficili da intercettare ma che riescono facilmente ad inserirsi nella catena alimentare e che spesso sono veicolo per la diffusione di alcuni elementi chimici tossici. Le tossine tra cui DDT, BPA e pesticidi aderiscono a queste minuscole particelle di plastica che possono essere ingerite accidentalmente dalla piccola vita acquatica. 

Una volta ingerite, le tossine si biomagnificano mentre risalgono la catena alimentare, accumulandosi negli uccelli, nella vita marina e forse nell'uomo.
 

Contrastare e prevenire il fenomeno: le azioni in atto

Diverse sono le proposte per il contrasto e la prevenzione dei rifiuti in mare: in particolare occorre intervenire sulla terraferma, prima che i rifiuti raggiungano i mari. A tal fine, l'UE si è dotata di politiche e di norme tese a migliorare la gestione dei rifiuti, ridurre i rifiuti di imballaggio e aumentare i tassi di riciclaggio (di plastica in particolare), migliorare il trattamento delle acque reflue e usare le risorse in modo più efficiente in generale.

Sono state emanate direttive anche per contribuire a ridurre l'inquinamento causato dalle navi e dai porti.  In particolare la  direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (MSFD) impone agli Stati membri dell'UE di garantire che, entro il 2020, "le proprietà e le quantità di rifiuti marini non causino danni all'ambiente costiero e marino".

Più recente la strategia per la plastica adottata dalla Commissione nel 2018 all'interno della quale la maggior parte delle azioni proposte riguarda direttamente o indirettamente i rifiuti marini, compresa la sua dimensione internazionale.

Nel nuovo piano d'azione per l'economia circolare, la Commissione si è impegnata ad affrontare anche le emissioni involontarie di microplastiche sviluppando misure di etichettatura, standardizzazione, certificazione e regolamentazione.

Direttiva sugli impianti portuali di raccolta dei rifiuti

Per i rifiuti già dispersi nel mare invece le azioni attuate sono legate al recupero attraverso apposite campagne che coinvolgono sia le amministrazioni e chi lavora in mare (principalmente i pescatori) sia i cittadini attraverso singole raccolte a terra sulle spiagge.
 

I progetti europei per lo studio  e la prevenzione del marine litter

Nel corso dell'ultimo decenni molti  sono i  progetti europei promossi per lo studio del fenomeno del marine litter e la sua prevenzione, tra questi ricordiamo i più recenti:

  • l'app mobile Marine LitterWatch sviluppata dall' Agenzia europea dell'ambiente  per rafforzare la base di conoscenze dell'Europa e fornire così sostegno all'elaborazione delle politiche europee;

  • il progetto europeo COMMON, che durante il primo anno di vita ha creato una rete di oltre 500 soggetti, tra istituzioni, enti, associazioni, comuni e cooperative, per favorire modelli di governance comuni nei tra paesi coinvolti: Italia, Libano e Tunisia. COMMON coordinerà, infatti, un network permanente che unirà sotto la stessa guida molti dei centri di recupero presenti nelle tre nazioni coinvolte.

 

Approfondimenti

I PROGETTI EUROPEI DI ISPRA SUL MARINE LITTER  (ECOSCIENZA Numero 1 • Anno 2020)

The Mediterranean: Mare plasticum  (INTERNATIONAL UNION FOR CONSERVATION OF NATURE)

Openpolis, I rifiuti che inquinano mari e oceani, una minaccia per l’ecosistema e per l’uomo

Rifiuti sparsi nei nostri mari – agenzia Europea per l'ambiente

Report Mare Plasticum: The Mediterranean Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN)

Marine LitterWatch

Our Oceans, Seas and Coasts (UE)

Marine litter: the issue – UNEP UN Environment Programme